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Elogio della lentezza

  • Sedalia Palatresi
  • 27 mag 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Quando ho deciso di scrivere questo articolo che parla di bambini e lentezza sono andata a vedere su Internet cosa è stato scritto sull' argomento, quali sono i punti di vista dai quali inquadrare meglio gli obiettivi che avevo in testa. I primi risultati di questa ricerca sono stati un poco sconfortanti anche se non del tutto inaspettati. È evidente infatti che quando si accosta la parola bambini alla parola lentezza per lo più il pensiero va a dei disagi o problemi, a ritardi nell’apprendimento, a difficoltà di esecuzione di alcuni compiti. In questa nostra società così accelerata, veloce e nevrotica il bimbo più lento è meno efficiente, meno brillante, ritarda la performance e per questo, in varia misura, problematico.

Ma con queste righe vorrei provare a spostare il focus di attenzione sulla ricchezza della lentezza, sull' importanza che riveste nella vita dei bambini. E inizio ribadendo che come presupposto di tutto il ragionamento occorre ricordare che le tappe di sviluppo sono flessibili, che ogni bambino raggiunge una competenza in più solo quando è pronto e che la scuola, lo sport, la vita sociale non sono fatti per essere trasformati in gare a chi arriva prima.

È sufficiente osservare i bambini per capire quanto bisogno hanno a volte di lentezza. Pensiamo a quando la mattina dobbiamo prepararli per andare a scuola , dobbiamo prepararci noi, magari passare a comprare la merenda. Noi siamo affannati già alle sette tra grembiulino, scarpe che non si trovano e pranzo da scongelare. Ma loro magari sono seduti scalzi a giocare, investiti dai nostri “ Sbrigati, è tardi “. Forse basterebbe svegliarsi tutti dieci minuti prima e concedere proprio quei dieci minuti alla lentezza. Oppure quando andiamo a riprenderli dovremmo provare a soffermarci con loro sul vento che soffia o sul gusto della merenda che facciamo, piuttosto che correre subito affrettati verso il prossimo impegno.

Certo, noi siamo adulti, non bambini e abbiamo impegni, responsabilità, doveri. Non possiamo permetterci tutti i giorni ritmi più lenti. Ma osservandomi e osservando gli altri mi rendo conto che troppe volte noi grandi le cose lente non le sappiamo proprio più fare. Corriamo tra un impegno ed un altro, facciamo una cosa già pensando a quella successiva, troppo raramente tiriamo il fiato in questa nostra corsa continua. Corriamo per abitudine. Dovremmo cogliere la grande opportunità che proprio i bambini ci offrono e qualche volta provare a decelerare, per godere dei piaceri che le piccole cose che non vediamo più ci regalano.

Ogni tanto dovremmo concedere ai nostri figli e quindi a noi stessi la quiete della lentezza.

E dovremmo concedere ai bambini il tempo per essere bambini, tempo che invece a volte neghiamo loro. Li vogliamo subito competenti in tutto, al nido devono saper mangiare da soli, magari imparare qualche parola di inglese, essere indipendenti e sicuri. Non lasciamo loro il tempo della noia, il prezioso tempo vuoto da riempire da soli con la fantasia. Abbiamo fretta che imparino, che dimostrino, che ci assomiglino. È più facile, gratificante socialmente far vedere come sono bravi e precoci i nostri bambini piuttosto che assecondare le zone un po’ più ombrosedove però si muove la crescita, dove nasce la consapevolezza.

Speriamo che questa società così veloce ritrovi il giusto significato della parola “tempo”, che ci permetta di nuovo di offrire ai nostri bambini e alle nostre vite di adulti il lusso del saper tornare indietro, di creare e assaporare ore lente, viverle come felici oasi di meritata pace. Dovremmo essere in grado di abbandonare il troppo sapere, il troppo avere, il troppo desiderare e tornare ai ritmi più naturali così preziosi per il nostro benessere.



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