Cosa ci insegnano i bambini
- Silvia Taviani
- 24 mar 2016
- Tempo di lettura: 4 min

fonte foto: Pinterest
Sta per nascere un figlio.
Vado a comprare un libro per educarlo!
Prendo informazioni per capire cosa mi aspetterà.
Tutti mi dicono che i bambini sono molto astuti, anche da piccolissimi sanno come “fregarti”!
Tutti mi dicono, anche, che i bambini non capiscono, non ricordano, che non ci vedono.
Tutti mi dicono che i bambini appena nati sono come le pagine bianche di un libro.
I bambini quando nascono sanno solo piangere.
Ho letto che prima che mio figlio mi sorrida ce ne vorrà di tempo!
Mio figlio sarà completamente dipendente da me, dovrò dare…dare…dare…
Stavo dicendo…che bello! Sta per nascere un bambino!
Esattamente. Che bello. Sta per nascere un bambino. E tutti quei genitori, padri e madri che avranno la possibilità di farsi attraversare senza riserve e senza preconcetti da questa esperienza avranno la possibilità di nascere una seconda volta, avranno la grandissima occasione di tirare fuori dalla soffitta il loro bambino interiore polveroso e ricoperto da qualche ragnatela.
Mentre scrivo questa frase mi torna in mente un video che ho visto un po’ di tempo fa su internet.
Credo che chiunque lo abbia visto si sia emozionato, abbia avuto un sussulto e qualcosa dentro di sé si sia sciolto, scaldato.
A me è successo e tanti tasselli di consapevolezza che erano già lì si sono trovati, abbracciati, riconosciuti. È profondamente vero ciò che racconta quel video e la sua forza sta proprio nell’insight, nel ricongiungimento emotivo con una consapevolezza che da tanto tempo probabilmente aveva bisogno di uscire alla luce del sole: i bambini non sono esserini maliziosi voraci di latte ed energie, i bambini sono l’occasione per l’incontro più importante della nostra vita. L’incontro con la nostra parte bambina quando siamo adulti, l’occasione per far incontrare il nostro bambino interiore con il nostro essere adulti, socialmente “adeguati”.
Un bambino se lo incontriamo e lo accogliamo davvero dentro di noi, non solo tra le nostre braccia, ci offre la grande opportunità di giocare allo scoperto, alla luce del sole, davanti a chiunque. Ci fa correre nel prato dietro casa, correre verso una nuova vita, correre verso l’ascolto reale dei nostri bisogni reali.
Un bambino ci fa riappropriare della vergogna, del dolore, dell’imbarazzo, della gioia pura fine a se stessa, legata “solo” a quel preciso momento che stiamo vivendo. Ci fa sentire sotto la pelle che anche se ci hanno sempre insegnato che “chi fa da se fa per tre”, che i problemi ce li dobbiamo risolvere da soli, che tanto nella vita siamo soli, in realtà soli non lo siamo, che tutti noi in quanto esseri umani, abbiamo bisogno delle nostre reti ed è bello e meraviglioso godere delle reti che con fatica in tutta una vita ci siamo costruiti, che in realtà…noi abbiamo bisogno degli altri, non tanto per crearsi aspettative nei loro confronti, quanto per condividere la nostra vita.
Un figlio ci dà l’opportunità di scoprire che non siamo Supereroi, che anche ai genitori finiscono le pile e che se impariamo a chiedere, ad esprimere i bisogni, quelle pile forse avranno anche la possibilità di ricaricarsi.
Un figlio ti offre la grande opportunità di sporcarti di colori (che non sono solo le tempere) coi colori della vita, tutti, sia il verde pisello che accostato al lilla fa tanto primavera, sia il grigio che accostato al nero fa contattare tanto dolore, quello che ogni vita sana incontra prima o poi.
Un figlio se lo osservi col cuore mentre vive i suoi primi momenti, ti mostra come ci si comporta di fronte alla vita: si ride quando arriva la pappa, si piange quando si cade, e non si può ridere e piangere composti. Si ride e si piange scomposti, catturando l’attenzione dell’altro, perché è proprio a questo che servono le emozioni: a coinvolgere, a dire agli altri -Mi voglio fare un regalo, ti voglio fare un regalo, mi voglio regalare un momento con te, ti voglio regalare una parte di me-.
Un figlio ti insegna che quando c’è di mezzo un bisogno primario, un bisogno reale, un bisogno di affetto, non c’è induzione di altri bisogni che tenga, non c’è negazione che tenga, va trovato il modo di soddisfarlo e basta. Che anche se chiudi sette porte per non sentire quel pianto, quell’esserino alto 60 cm con due polmoncini che sembrano noci saprà come farsi sentire.
Un figlio anche se non sa che la gioia si chiama gioia e la tristezza si chiama tristezza, sa dar loro spazio e sa che in qualche modo le può ascoltare, e se piangerà perché non sa esprimere quello che sente, voi avrete la possibilità di avvicinarvi dicendo -Vittoria Zoe, sei triste perché volevi camminare sul tavolo?- lei vi guarderà come se vi guardasse per la prima volta in vita sua e vi dirà smettendo immediatamente di piangere -SI!-. e a quel punto non sarà più importante andare a camminare veramente sul tavolo perché avrà scoperto una cosa ancora più importante: che la mamma ed il babbo hanno finalmente recuperato il loro bambino interiore e che finalmente riescono a dare un nome a quella roba che sente nel pancino, nei denti, nelle mani, negli occhi.
Un figlio è il maestro migliore che si possa trovare nella vita, quando ci diamo la possibilità di essere suoi allievi uscendo dai binari.
Un figlio è il più grande terapeuta che si possa incontrare nella vita, quando ci diamo la possibilità di essere suoi pazienti.
Un figlio è il più grande artista che si possa conoscere nella vita, se ci diamo la possibilità di recuperare i nostri occhi di bambino.
Commenti