IL NOSTRO SVEZZAMENTO: OVVERO COME MADRE E FIGLIA PROVANO A SINCRONIZZARSI
- Silvia Taviani
- 4 mar 2016
- Tempo di lettura: 4 min

Lo svezzamento è una delle tante tappe che un bambino e la sua famiglia si trovano ad affrontare durante il lungo e meraviglioso percorso di crescita e sviluppo del piccolo.
Solitamente quando una mamma chiede agli “esperti”: <<sig. Pediatra/ educatrice/ amica navigata/ ostetrica/ mamma come faccio a capire che il mio bambino è pronto per affrontare questo cambiamento?>> riceve solitamente queste risposte:
Se sta seduto autonomamente in posizioe eretta;
Se ha perso il riflesso di estrusione;
Se mostra interesse per il cibo.
Bene, io non sono un medico, non sono un’esperta di nutrizione, non so a quanti mesi un bambino sia pronto per ricevere altre sostanze oltre al latte, so, ho certezza, di essere mamma, di esserci passata da questa fase e di aver avuto amiche che ci sono passate e che fortunatamente hanno condiviso con me la loro esperienza. In più essendo psicoterapeuta tendo ogni tanto ad essere “trasgressiva” e non guardare solo nella direzione che mi fanno vedere, e mettere l’attenzione su tutti gli attori che partecipano ad una dinamica.
I tempi:
Tutti sono concentrati (giustamente) sui tempi del bambino, ma una volta parlando con un’amica, lei mi disse: <<Forse i miei bimbi sono pronti…ma se non è pronta la mamma? Si può aspettare lo stesso?>>.

Ebbene si! Anche una mamma può non essere pronta, anche io (l’ho scoperto dopo, quando sotto consiglio del pediatra avevo già fatto assaggiare il famoso e famigerato omogeneizzato alla frutta a mia figlia) non lo ero e dopo l’illuminazione ricevuta dalla mia amica mi sono concessa di fermarmi e di provare a sincronizzare un po’ di tempi: quelli di mia figlia, i miei e quelli suggeriti dagli esperti.
Io in quel periodo ho oscillato tra la voglia di accelerare i tempi, di vedere mia figlia che faceva cose nuove, che sperimentava, e la frustrazione di fermarmi mentre mi dicevo: <<Ma come, è già finito il periodo in cui sono tutto per mia figlia? Il periodo in cui IO produco nutrimento per lei? Il periodo in cui ho tutto sotto controllo?>> (in effetti il mio sano periodo di onnipotenza me lo sono assaporato e vissuto appieno); e la voglia di dilatare il tempo e continuare a vivere e nutrirmi di quella simbiosi, di quella magia, di quegli occhi-negli-occhi che l’allattamento mi offriva.
Insieme a tutto questo iniziavo a contattare un dolore fine, quasi impercettibile, misto a piacere, che solitamente accompagna ogni nuovo step nella vita dell’essere umano.
Mentre ero persa nel mio conflitto tra testa e pancia, tra ragionamento ed emozioni, tra ci-faccio-stare-quello-che-dicono-gli-esperti e ci-faccio-stare-quello-che-sento-e-voglio-io, mia figlia con la grande forza e la grande competenza che contraddistinguono ogni bambino, mi riporta alla realtà.
Dopo la prima fase di entusiasmo in cui mangiava con gioia e curiosità quelle magnifiche e profumate pappine preparate a regola d’arte dalle mie abili manine, iniziò a rifiutare quei piattini succulenti. Per fortuna la allattavo sempre (ho scoperto in seguito che alimentazione complementare significa proprio questo) ed il mio latte diventò/ritornò ad essere un porto sicuro dove poterci concedere di ascoltarci a vicenda e sperimentare serenamente le strade possibili per affrontare questo momento.
Durante questo periodo ed in quello immediatamente antecedente, ebbi la fortuna di parlare con due amiche che mi indicarono la stessa strada e la possibilità di cambiare quella in cui mi trovavo. Ebbene si, per lavoro aiuto gli altri a vedere che hanno più strade davanti a loro, ma questa volta complici la mia inesperienza, il senso di inadeguatezza che provavo in alcuni momenti, il fatto che stavo prendendo decisioni per un’altra persona oltre che per me, non mi ero accorta di avere tante strade da poter scegliere per essere più comoda in questo percorso.
I DUE MOMENTI DI SCAMBIO CON LE MIE AMICHE
Veronica
Mi trovavo ad una cena e con me c’era anche mia figlia. “Ovviamente” le portai il suo pentolino con verdura frullata, carne frullata e una spruzzatina di mais e tapioca. Veronica mi guarda mentre stappo il contenitore e mi dice:
V: -ah, le dai la pappina?- ed io
S: -si- nuvoletta: -perché…cosa dovrei darle?-
V: -sai, al mio primo figlio anche io ho dato le pappine, ma alla seconda no.-
S: -noooo???? [occhi di fuori] e cosa mangiava [povera] la tua bambina?-. non riuscivo nemmeno a farmi una fantasia su cosa avesse potuto mangiare quella bambina, buio totale.
V: -quello che si mangiava noi!-
S: -quello che mangiavate voi??? [ma come è possibile, che siete pazzi? È impossibile che un bambino così piccolo possa mangiare come un adulto!].
Elisa
Eravamo al mare con degli amici, la mia bimba non mangiava cibo solido (se non per assaggiarne qualche cucchiaiata) da un paio di settimane ed iniziai ad essere preoccupata. Provai a cambiare spesso le verdure e le farinate, ma con scarsi risultati, un bel giorno Elisa mi disse:

E: -perché non provi a darle quello che mangiamo noi?
Ed in quel caso mi si accese una lampadina di possibilità, possibilità che sentii di poter cogliere grazie al semino piantato qualche settimana prima da Veronica (NB: il cambiamento e la possibilità hanno tempi di maturazione personali e quasi mai nel momento esatto in cui iniziamo a lavorarci sopra).
PRECISAZIONE: la premessa imprescindibile da fare per poter far mangiare ad un bambino in fase di svezzamento, ciò che mangia un adulto, è che l’adulto in questione mangi sano e semplice, che stia attento alle modalità di cottura, alla stagionalità degli alimenti ed al sale.
E con il primo piatto di fusilli al pomodoro, fusilli veri…non la miniatura, mi sono affacciata insieme a mia figlia ad una finestra nuova, fatta di ascolto fuori e ascolto dentro, di fiducia in me, in Lei, fiducia data ad altri ascoltando di volta in volta cosa mi stavano dicendo, una finestra fatta di tante possibilità, non di una sola.
Quello che voglio dire col racconto della mia esperienza è che tutte le persone che ci stanno intorno possono essere preziose e tutte possono dire cose utili ed utilizzabili, che quello che ascoltiamo con le nostre orecchie va necessariamente integrato con ciò che ascoltiamo dalla nostra pancia, ovvero le nostre emozioni, e che i veri esperti in questa storia sono due: la mamma ed il bambino, perché sono loro due gli attori principali.
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